LA STORIA FINORA: A Rio Valiente, paese centroamericano un tempo sotto dittatura, arrivano alcuni mercenari americani guidati da un uomo estremamente assomigliante a Steve Rogers: il loro compito è assassinare il presidente della nuova repubblica. Donna Maria Puentes, ex guerrigliera, ex membro dello staff dei Vendicatori e oggi agente segreto del governo, chiede a Nick Fury informazioni sul misterioso uomo. Il direttore dello S.H.I.E.L.D. gira le informazioni all’ex Capitan America e alla sua squadra. Steve riconosce nell’uomo Mike Rogers, un ex pilota della Marina che millanta una lontana parentela con lui, e che è stato anch’esso sottoposto ad una variante del siero del supersoldato. Essendo direttamente interessato, Steve – accompagnato da Bucky e da Nomad – vola a Rio Valiente, mentre Sharon e Yelena sono impegnate in un'altra missione.

 

 

PATRIA O MUERTE!

Di

Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

Rio Valiente. Un tempo noto come Rio De Muerte. Come Cuba o la Bolivia, questo paese aveva una lunga storia di sanguinose battaglie per la propria indipendenza e la propria libertà. Steve Rogers era stato qui diversi anni prima, quando ancora Hector Santiago, il “Maiale”, terrorizzava il paese catturando e torturando quelli che osavano opporsi al suo volere. Era bello per lui constatare come le cose fossero cambiate. Certo, c’era ancora molto da fare, ma l’aria che si respirava per le strade era decisamente diversa da quella che lui ricordava.

<Mi ricorda Cuba.> osservò Bucky <L’ho visitata... parecchi anni fa. Nel ’62, precisamente.>

<A me più il Messico. Tijuana. Ci sono stato durante i miei pellegrinaggi.> rispose Jack, sistemandosi gli occhiali a specchio sul naso.

<Quando torniamo a casa ricordatemi di ringraziare Amadeus. Questo braccio lo sento come se fosse il mio: soffre il caldo e i pizzichi di zanzara come uno vero. Suda e mi prude. È fantastico!>

<Sai, sei il primo che anziché lamentarsi del caldo e del prurito ne è entusiasta.> scherzò Jack.

<Erano anni che non lo sentivo così. Al suo posto c’era un freddo pezzo di metallo.> gli rispose Buck.

Tutti e tre cercavano di spacciarsi per turisti, con tanto di camicie colorate e tutto il resto, e si sforzavano di non dare nell’occhio. Non che ci fosse molta gente in giro a notarli: a quell’ora, con quel caldo, come in molti altri paesi centroamericani si faceva “la siesta”.

<Ecco, ci siamo. Il posto è questo.> disse Steve. Facendosi largo tra le tendine entrò in un bar. Era quasi deserto; a parte il barista c’erano solo tre anziani, due che giocavano e carte e uno appisolato su di una sedia. Non li notarono neanche.

<Hola Gringo. Què quiete tomar?> chiese l’uomo dietro il bancone.

<Tres cervezas, por favor.> rispose Bucky.

I tre si sedettero ad un tavolino, mentre il barista stappò tre Corona e gliele servì con sale e limone. Gliele portò al tavolino, poi domandò loro, in inglese:

<Siete americani, non è vero ? Siete aqui in vacanza?>

<Siamo cacciatori, a dire il vero.> rispose Steve.

<Siete venuti per la caccia alle anatre?>

<Non proprio. Siamo qui per dar la caccia ai maiali...> disse fissandolo negli occhi. Il barista cambiò completamente espressione ed atteggiamento. Si avvicinò a lui e sottovoce gli disse:

<Sul retro. Le scale.> indicando la porta in fondo alla sua destra.

Steve e i ragazzi seguirono l’indicazione e scesero in uno scantinato. Era buio e non si sentiva nemmeno un fiato. Poi all’improvviso si accese una luce e tutt’a un tratto, Donna Maria Puentes si mostrò in tutto il suo splendore, nel suo solito look succinto, andando in contro a Rogers.

<Mio Dio, sei veramente tu! Quanto tempo è passato!> disse abbracciandolo affettuosamente <E sei più bello che mai! Giovane e vigoroso proprio come ti ricordavo ...> disse lisciandogli la mascella squadrata.

<Maria. Anche a me fa piacere rivederti ...> disse Steve, cercando di mascherare l’imbarazzo che l’esuberanza di Donna Maria gli procurava. Jack e Bucky guardavano la scena divertiti.

<Tutt’altra cosa rispetto alle spie di casa nostra vero?> osservò Nomad <E sono pronto a scommettere che neppure quelle russe sono tanto ... espansive, non è vero?>

<Beh a parte una direi proprio di no.> rispose Buck.

<Dio, che gioia poterti riabbracciare! Credevo fossi morto... sono anche venuta al funerale. Non sai quanto ho pianto...>

<È una storia lunga. Un’idea di Nick ... più o meno. Volevo provare a rifarmi una vita da civile ma... beh diciamo che non è stato possibile continuare in quel senso. Ma dimmi, come ti è venuto in mente di vederci qui?>

<Lo utilizzavamo durante la ribellione. Ha ancora la sua funzionalità ... ok, non è un negozio da barbiere con tanto di sedia pneumatica, ma può andare no?> rispose sorridendogli.

<Ehm Steve> disse ancora Jack <Non ci presenti la tua graziosa ... amica?>

<Uh certamente: Donna Maria Puentes, ti presento Jack Monroe e James Barnes. Sono i miei partners.>

<Sì, Nick mi aveva detto che non saresti venuto da solo.> disse Maria osservandoli attentamente.

<Fatemi indovinare: uno di voi due è figlio di secondo letto?>

<Come?> chiese Jack stupito.

<Ma si: stessa madre ma padre differente?>

<No no... noi non siamo parenti. O forse sì ma... non nel senso che intendi tu. Parenti acquisiti, magari... insomma è complicato.>

<Molto complicato ... > aggiunse Bucky.

<Perché ti interessa, Maria?> le domandò Steve.

<Perché due giorni fa è venuto qui un uomo che ti somigliava terribilmente... poteva essere un tuo fratello maggiore ... e adesso vedo due agenti con una straordinaria somiglianza. Volevo capire se c’è qualche attinenza.>

<No; la somiglianza tra Jack e James è solamente casuale ,invece quella tra me e l’uomo che hai visto all’aeroporto non lo è. Si chiama Mike Rogers e, a quanto sembra, è un mio lontano cugino ...>

<Un ... cugino? Davvero? Beh ha il tuo cognome e ti assomiglia... direi che la cosa abbia senso.>

<Tu dici? Quell’uomo deve rispondere a parecchie domande ...>

<Cosa sai dirci dell’uomo che lo ha accolto? È vero che è un terrorista?> chiese Bucky.

<Si lo è. > disse Maria, prendendo alcuni fascicoli con delle foto <appartiene ad un gruppo sovversivo chiamato Los  Jaguares che risponde agli ordini di Francisco Blanco, detto “El Duro”. Era uno degli uomini più spietati al servizio di mio cugino Hector.>

<Il precedente dittatore, giusto?> fece notare Jack.

<Precisamente. Stando a quanto abbiamo scoperto, il loro scopo è assassinare il presidente Hugo Martinez. Sospettiamo che il loro obiettivo sia rovesciare il governo e riportarlo ai tempi bui del Maiale.>

<E chi li finanzia?> chiese ancora Jack <Voglio dire: le rivoluzioni costano. Dove trovano i soldi per le armi e per pagare quei super mercenari? Ho il sospetto che non costino poco.>

<Giusto.> gli fece eco Bucky <Ai bei vecchi tempi le dittature di destra centro e sudamericane erano sostenute dalle multinazionali statunitensi e dalla CIA e i rivoluzionari dall’Unione Sovietica ma quei tempi, che tanto belli poi non erano, sono finiti per sempre non è vero? La CIA ha altro a cui pensare e l’U.R.S.S. non esiste più… e se esistesse ancora, avrebbe problemi di budget.> fece un sorriso stiracchiato mentre diceva quest’ultima frase.

<Droga.> rispose risolutamente Donna Maria <Sono i cartelli della droga a finanziare il gruppo d El Duro. Vogliono controllare il paese in modo che diventi un canale di passaggio della cocaina fin negli Stati Uniti. Farla arrivare nel tuo paese via mare sta diventando sempre più difficile per loro ultimamente.>

<Ha senso.> concluse Steve  <Quella gente dispone di fondi pressoché illimitati, più del bilancio annuale di molti stati o così mi dicono.>

<Un qualsiasi cartello della droga messicano ha abbastanza soldi da ripianare il debito pubblico di Rio Valiente almeno dieci volte.> concluse, sconsolata, Donna Maria.

<Figuriamoci corrompere un funzionario pubblico, quindi.> aggiunse Jack Monroe <Ne so qualcosa.>

Steve scosse la testa. Detestava le beghe politiche, ma era sempre stato un fermo sostenitore della libertà e della democrazia anche quando sembrava una cosa da ingenui idealisti e l’idea che una nazione, se pur piccola, cadesse nelle mani di profittatori senza scrupoli che non avevano neppure lo schermo di un’ideologia, per quanto deviata, lo ripugnava fin nel profondo del suo essere

<Li fermeremo.> proclamò ed i suoi amici sapevano che era sincero.

 

 

Da qualche parte nella Costa Orientale degli Stati Uniti

 

L’aereo sembrò quasi apparire dal nulla, una specie di spettro nero e lucente. La sua velocità diminuì rapidamente assestandosi su una normale velocità di crociera.

Il pilota era una donna bionda e così pure il copilota sul sedile accanto al suo. La prima portava i capelli legati in una coda di cavallo ed indossava una comoda tuta bianca che la copriva sino al collo; la seconda, era più giovane, i suoi capelli erano sciolti e morbidi, indossava un’attillata tuta nera che seguiva perfettamente i contorni delle sue curve evidenziandole e lasciava scoperta la zona dell’ombelico.

<Ce l’abbiamo fatta.> disse con un sospiro Sharon Carter, l’Agente 13.

<Co… cos’è stato?> chiese Yelena Belova, la Vedova Nera, mentre reprimeva a stento un conato di vomito e si sentiva girare la testa.

<Si chiama hyperdrive.> spiegò Sharon <Un motore di nuova concezione capace di passare da 0 a Mach 10[1] in un secondo. Naturalmente, un secondo è quanto riesce a durare, ma è sufficiente. Ci sono pochi velivoli attrezzati con l’hyperdrive e ancora non capisco come Nick Fury sia riuscito a farcene avere uno, visto che siamo un gruppo segreto.>

<Ma… ma l’accelerazione…>

<… avrebbe dovuto ridurci come sogliole? Beh non chiedere a me come i tecnici sono riusciti ad evitarlo, davvero non ne so niente. Tu, piuttosto, ti senti bene?>

<Sto benissimo.> Yelena sarebbe morta prima di ammettere che aveva voglia di vomitare anche l’anima. Si voltò e sembrò solo allora accorgersi delle due donne in costume sdraiate sul pavimento dell’aereo ancora svenute.

<Che ne facciamo di loro?> chiese

Si erano portate dietro Aspide e Impala dopo averle sconfitte in uno scontro nell’isola chiamata Costa Diablo che era occupata da Superia e dal suo esercito di sole donne.[2] Ma perché lo aveva fatto? Perché non le aveva lasciate alle cure dello S.H.I.E.L.D. come le altre? Sapeva che Steve le conosceva, che erano diventate sue amiche, che fosse per quello? Voleva dar loro una seconda possibilità?

Fece una virata improvvisa ed aprì una botola sul pavimento. Le due (ex?) supercriminali vi caddero piombando nel sottostante oceano.

<Cosa hai fatto?> esclamo Yelena.

<Tranquilla.> rispose Sharon <Siamo abbastanza basse e non si sono certo fatte male. Dovranno nuotare un po’ ma raggiungeranno la riva… presto o tardi.>

<Ma perché?>

<Non potevamo certo consegnarle alle Autorità senza far saltare la nostra copertura, quindi ho pensato che era meglio che, come dicevano nel vecchio West, se ne andassero a farsi impiccare altrove.>

<Ma allora perché te le sei portate dietro? Oh lascia perdere… rinuncio a capirti.>

Sharon sorrise e cominciò le delicate manovre di atterraggio verticale su un terreno poco distante. Le ruote del carrello avevano appena toccato terra che quella sezione di terreno cominciò  a sprofondare ed in breve l’aereo si trovò in un hangar sotterraneo e le due donne ne scesero per poi dirigersi verso un piccolo veicolo montato su una monorotaia. Dopo un tragitto tutto sommato abbastanza breve si ritrovarono nella loro base sotterranea e qui si concessero un breve riposo dopodiché, indossati abiti “civili”, si apprestarono ad andarsene.

Sharon, che nel frattempo aveva sciolto i capelli, si diresse verso una Porsche Carrera Turbo di color rosso fiammante e si mise al posto di guida, poi chiese alla sua compagna:

<Vuoi che ti accompagni da qualche parte?>

<Non… non saprei. Sto ancora ambientandomi a New York.> ribatté Yelena <Tu dove pensi di andare?>

<A casa mia, naturalmente, da mia figlia. Queste missioni mi hanno tenuta anche troppo lontana da lei. Forse è un bene che Rogers mi abbia tagliato fuori, dopotutto.>

Yelena si sedette a fianco di Sharon che mise in moto.

<Davvero vuoi ritirarti a…. com’è che dite voi... a vita privata?> disse perplessa <Non ti ci vedo a passare le tue giornate a fare la signora del maniero >

<Non è esattamente un maniero, ma una villa padronale in stile Vecchio Sud, coi marmi bianchi, le colonne e tutto il resto, ma in famiglia nessuno ci ha mai risieduto troppo a lungo. Io sono solo l’ultima di una stirpe di avventurieri, pare. Quando ero bambina mia zia Peggy, la sorella di mio nonno, mi raccontava un sacco di storie sulle sue esperienze nella Seconda Guerra Mondiale e sulle imprese di alcuni altri membri della nostra famiglia che a dieci anni mi affascinavano e che poi cominciai a trovare davvero inverosimili.>

<Ma davvero?> c’era una punta di scetticismo nella voce della giovane Russa.

<Un giorno, forse, ti racconterò qualcuna di quelle storie.>

Mentre Sharon parlava, l’auto uscì all’aperto da un portello segreto che si richiuse rapidamente dietro di essa.

 

 

Rio Valiente

 

Steve Rogers si trovava nella sua stanza in uno degli hotel della capitale, prenotata sotto falso nome. Sentiva il bisogno di rinfrescarsi. Il suo fisico potenziato gli consentiva di sopportare il jet lag meglio di tanti altri, ma questo non significava che non sentisse la stanchezza. Negli ultimi giorni aveva dormito pochissimo a causa di preoccupazioni e cattivi pensieri e non avrebbe avuto molte altre occasioni di riposarsi prima di passare all’azione.

Era appena uscito dal bagno con indosso solo un accappatoio di spugna, quando sentì bussare alla porta.

Raramente il nemico si preoccupa di bussare e teoricamente nessuno doveva essere al corrente della sua presenza a Rio Valiente a parte i suoi amici, ma non si poteva mai essere sicuri di nulla, Steve si mise subito all’erta.

<Sono io, Maria.>

Era proprio la ragazza, Steve ne riconobbe la voce. Aprì la porta, e se la trovò davanti, vestita con lo stesso abbigliamento succinto con cui l’aveva accolto al suo arrivo, i capelli neri, ricci e ribelli erano trattenuti da una bandana rossa. Quella ragazza aveva una sensualità prorompente ed un po’ selvaggia di cui era ben conscia e che non faceva nulla per nascondere. Steve l’aveva percepita sin dal loro primo incontro e ne era rimasto un po’ turbato. Chissà… se non fossero stati troppo impegnati a restare in vita contro le minacce del Maiale, di Arnim Zola e del Teschio Rosso forse lui avrebbe potuto cedere alla tentazione nonostante Sharon.

Scacciò quel pensiero e si rivolse a Donna Maria che era entrata nella stanza chiudendosi subito dopo la porta alle spalle:

<Cosa ci fai qui?>

<Volevo parlarti… da sola. È stata una cosa crudele quella che hai fatto: fingerti morto anche con i tuoi migliori amici. Non sai quanto mi hai fatto soffrire...>

<Mi dispiace, ma è stato necessario.> rispose Steve <Dovevo tagliare tutti i ponti col passato. Sembrava una buona idea al momento.>

<Ma perché?>

Già, perché? Senza nemmeno capire bene come Steve si ritrovò a parlarle del suo disagio nell’essere Capitan America dopo lo sgancio della bomba al betatrone che aveva sterminato i cosiddetti marziani al termine di quella che era stata chiamata la Guerra dei Mondi,[3] di come avesse colto al volo l’occasione quando era morto il Capitan America degli Anni 50[4] ed avesse tentato di rifarsi una vita per accorgersi, infine, che le tragedie non avevano nessuna voglia di abbandonarlo.

<Ti sei sposato? > gli chiese Maria.

< No, ma avevo una ragazza ...  si chiamava Connie Ferrari, un avvocato. Lei non sapeva chi… ero stato… ero solo il normale Steve Rogers di Brooklyn per lei. Parlavamo di sposarci, poi… un gangster russo l’ha fatta uccidere. Io ero lontano e non potei nemmeno intervenire al funerale.>

<E quell’altra ragazza? Sharon, mi pareva si chiamasse...>

<Noi… tra noi non ha funzionato. Siamo diventati troppo diversi, temo.>

<Mmmm ... e quindi ora sei solo?>

Mentre diceva così, Donna Maria gli aveva buttato le braccia al collo e Steve sentiva il suo profumo esotico e vedeva i suoi grandi occhi neri e le labbra rosse ed invitanti che si avvicinavano alle sue.

<Maria…> mormorò mentre cercava di tenere a bada le reazioni istintive del suo corpo <… abbiamo un lavoro da fare.>

<Ma ormai è tardi…> ribatté lei <Non potremo far nulla fino a domani… e poi ... non sai da quant’è che lo desideravo ...>

Al diavolo, pensò Steve, ha ragione in fondo, perché non posso lasciarmi andare anch’io per una volta? Accettò il suo bacio e la strinse a sé. Non disse nulla mentre lei gli apriva l’accappatoio.

 

 

Washington D.C.

 

Nel suo ufficio all'Ambasciata Russa negli Stati Uniti il colonnello Anatoly Vladimirovich Serov, ufficialmente vice addetto militare, ma in realtà capo della sezione americana del servizio segreto militare russo, meglio noto come G.R.U., non era affatto contento.

<Come sarebbe a dire che non avete scoperto nulla?> chiese con un tono che non lasciava presagire nulla di buono per il giovane ufficiale che già si vedeva trasferito in qualche oscura postazione al confine tra Russia e Kazakistan.

<Mi spiace, colonnello, ma è così: non siamo riusciti a trovare nulla di nulla. Il Tenente Belova sta volando al di sotto del livello del radar.>

<Non amo certi colloquialismi, tenente, se lo ricordi.>

<Certo, signore, allora mi limiterò a ricordare che il tenente Belova ha ricevuto il miglior addestramento che noi avevamo da offrire e poi ha superato brillantemente tutti i test della Stanza Rossa guadagnandosi l’appellativo di Vedova Nera,>

Serov fece una smorfia.

<Non esiste la Stanza Rossa, se lo ricordi, tenente.>

<Ovviamente, signor colonnello.> il tenente si concesse un sorriso <Resta il fatto che al momento non sappiamo dove sia il tenente Belova e cosa stia realmente facendo negli Stati Uniti.>

<Questa è tutta opera di quel maledetto Nick Fury, si crede al di sopra di tutti i governi, ma non gli permetterò di prendersi gioco del G.R.U.>

<Signore…> il tenente era un po’ spaventato dalla reazione del suo capo <… su suo ordine ho inoltrato al Consiglio di Sicurezza[5] una richiesta per avere notizie sull’attuale incarico del tenente Belova e… mi è stato risposto che da una veloce ricerca nei loro archivi non esiste in nessuna delle Forze Armate Russe un tenente Yelena Kostantinova Belova.>

Serov divenne paonazzo si alzò in piedi picchiando sulla scrivania col pugno.

<Ma è impossibile!> urlò <Vogliono prendermi in giro, ma io… io…>

<Con tutto il rispetto , signore…> gli disse il tenente con voce tranquilla <… l’ordine di segretezza non può che provenire dal Presidente in persona. Ritiene saggio sfidare il Presidente e tutti i vertici dei servizi segreti e delle Forze Armate per un suo… capriccio?>

Serov ricadde a sedere. Quel ragazzo poteva essere troppo impertinente, ma aveva ragione. Se non voleva dire addio alle prospettive di diventare generale, era meglio lasciar perdere.

Ma tra lui e la Belova non era ancora finita.

 

Rio Valiente.

 

L’alba era arrivata e passata lasciando spazio al mattino pieno. I ridottissimi abiti di Donna Maria e l’accappatoio di Steve erano abbandonati sul pavimento mentre loro due erano distesi sul letto disfatto con la ragazza rannicchiata contro il petto di lui.

Sarebbe stato esagerato dire che Steve si sentiva in colpa, in fondo lui e Sharon non stavano insieme da diversi anni ormai ma non poteva fare a meno di pensare a lei… a lei ed alla bambina con cui era certo di avere un legame speciale, anche se finora aveva rispettato il desiderio di Sharon di non parlarne. Al ritorno da quella missione avrebbero dovuto affrontare l’argomento però.

Forse fu perché era immerso in quelle riflessioni, che non si accorse che la porta di comunicazione con la stanza accanto si stava aprendo e Buck Barnes stava entrando.

<Ehi Steve... com’è che poltrisci ancora? Noi…>

Le parole gli morirono in gola appena vide la scena, con Donna Maria che con un gesto rapido si tirava pudicamente il lenzuolo su fino al collo.

<Ooops, scusate.>

Steve cercò di ignorare l’imbarazzo e si rivolse a Bucky:

<Ci vediamo tra mezz’ora nell’atrio. Avverti anche Jack>

Bucky fece un cenno di assenso e si ritirò nella sua stanza.

Mentre richiudeva la porta fece un leggero sogghigno.  Ma guarda che combina il vecchio Steve, pensò, non mi sorprende che quella sventola gli abbia messo gli occhi addosso, ma che lui… non sono sicurissimo, ma mi sa proprio che ai tempi della guerra[6] non mi è mai capitato di sorprenderlo in una situazione del genere.

Nel frattempo i due erano scattati giù dal letto. Da buon gentiluomo Steve concesse a Maria l’uso del bagno per prima. Nel frattempo cominciò la sua routine di esercizi fisici mattutini.

Era arrivato a cinquanta flessioni su una mano sola, quando la ragazza uscì e dopo avergli rivolto uno sguardo di ammirazione si rivestì senza fretta per poi uscire schioccandogli un bacio.

Steve si recò a sua volta in bagno, si fece una doccia corroborante, si sbarbò accuratamente, si pettinò poi tornò in camera e si vestì cominciando dalla sua tuta da combattimento sopra la quale mise degli abiti adeguati alla zona. Quando raggiunse l’atrio dell’albergo, dove lo stavano aspettando i suoi due compagni assieme a Donna Maria, sembrava un Indiana Jones biondo, con un ricciolo ribelle che gli cadeva all’altezza del sopracciglio destro.

***

 

                Altrove, non molto distante da lì… si sarebbe potuto pensare di assistere ad un replay della scena precedente. Mike Rogers si sfilò pian piano dalle braccia di un’ancora addormentata Gail Runciter e cominciò anche lui un intenso programma di esercizi fisici. Quando ritenne di averne abbastanza si recò in bagno per il resto della preparazione mattutina. Finito di sbarbarsi si contemplò nello specchio che gli rimandò l’immagine di un volto quasi identico a quello di Steve. Tutto sommato, pensò, era ancora molto in gamba e pieno di energie, merito del siero del supersoldato, indubbiamente ma anche del suo stile di vita. Anche le tempie ingrigite, quasi invisibili sulla sua capigliatura bionda non gli dispiacevano in fondo: erano quasi un segno di distinzione. Terminò la sua vestizione in modo non molto diverso da quello di Steve e poi svegliò la sua compagna:

<Sveglia, mia cara. Abbiamo una giornata densa di impegni ad attenderci.>

 

 

Londra, 1966. Aeroporto di Heathrow

 

L’uomo che stava seguendo era un professionista, di questo il Soldato d’Inverno era assolutamente certo. Il dossier su di lui diceva che era uno dei migliori agenti del MI6 e che a suo tempo la SMERSH[7] aveva posto un ordine di eliminazione su di lui... ordine che era stato revocato solo di recente, dopo che l’agente in questione aveva, forse involontariamente, sventato un attentato alle alte sfere sovietiche e la cosa non era piaciuta a diversa gente del KGB.

Tutto questo non importava al Soldato d’Inverno: ciò che contava per lui erano solo gli ordini e gli ordini dicevano di stargli alle calcagna fino a nuove istruzioni. Per sua fortuna l’uomo, per quanto fosse in gamba, almeno apparentemente non si era accorto di essere sotto sorveglianza.

Mentre aspettava in fila che arrivasse il suo turno, il Soldato lo squadrò bene: età apparente circa 35 anni, alto, capelli neri con un ricciolo che gli ricadeva ribelle sulla fronte, occhi grigi, una leggera cicatrice gli attraversava la guancia sinistra. Lo udì dire il suo nome all’addetto all’imbarco:

<Bryce, John Bryce.>

Un nome falso, ovviamente, una copertura per la sua missione. Chissà se immaginava di avere un angelo custode un po’ speciale? Molto improbabile

Il Soldato d’Inverno si imbarcò senza problemi sul suo stesso volo.

 

 

Rio Valiente. Oggi

 

La villa dove alloggiava il presidente Hugo Martinez era situata su un colle poco distante dalla capitale. Era un costruzione risalente ai tempi dei conquistadores spagnoli, e venne scelta perché la sua posizione la rendeva facile da difendere e difficile da assediare. Il posto ideale per proteggere un capo di stato. Mentre osservava con il suo occhio bionico il suo obiettivo, Frank Bohannan montava sul suo braccio cibernetico la sua mitraglietta da ottocento colpi al minuto. Non andava molto fiero di quella protesi bionica, ma certo non si poteva dire che non fosse un optional molto efficace, specie in uno scontro a fuoco come quello che stava per scatenarsi.

<Dammene una rossa ...> gli disse Frank Simpson, in quella che era per lui una frase di routine in questi casi. La pasticca entrò in circolo, l’adrenalina iniziò ad accelerargli il cuore, scatenando in lui una brama di combattere. Caricò il suo lancia granate con un’ogiva a carica esplosiva, poi puntò il suo mitragliatore verso la grande cancellata d’ingresso e fece fuoco: le guardie appostate lì davanti morirono nella conseguente detonazione, il cancello in ferro venne ridotto in minuscole schegge. Nuke entrò a fucili spianati gridando come un pazzo. Mentre il suo BAR M1918 sputava raffiche di proiettili. Sul suo volto, sotto la bandiera tatuata, apparve un’espressione di piacere. Crimson Commando invece non trasmetteva alcuna emozione; contrariamente al suo alleato non provava piacere in quello che faceva, ma non per questo era meno letale.

Le guardie di sicurezza vennero colte di sorpresa. Quei due uomini potevano tenere testa ad un piccolo esercito ... ed era proprio quello che erano intenzionati a fare. Avevano scatenato un vero inferno, in quella tenuta. Le granate incendiarie avevano provocato un incendio nella villa, mettendola a ferro e fuoco. Era come essere ad Omaha Beach. Nessuno di loro aveva mai assistito a niente del genere.

 

Ma seppur impreparati ad uno scontro a fuoco di quella portata, gli uomini dei servizi segreti locali non erano certo degli sprovveduti, e avevano un piano di emergenza per portare in salvo il presidente. Donna Maria e Steve Rogers, assieme ad una squadra di agenti, lo stavano scortando attraverso un passaggio segreto che lo avrebbe portato ad un elicottero. Per fortuna Donna Maria era riuscita a convincere il Presidente a far partecipare all’operazione di protezione i suoi amici americani. Quella donna sapeva essere molto persuasiva e molto testarda quando voleva.

<Hanno colpito prima di quanto mi credessi> osservò Steve <Ma esattamente nel modo che mi aspettavo.> poi attivò il suo comunicatore da polso <Supersoldato a Nomad e Soldato d’Inverno. Preparatevi all’offensiva.>

<<D’Accordo. Sono in posizione>> rispose Jack.

<<Affermativo.>> si limitò a rispondere Bucky. Tuttavia non era convinto del piano di Mike Rogers. Nei suoi giorni di sicario sovietico ne aveva ammazzati, di politici, e non aveva mai agito in questo modo. Gli sembrava più un vistoso diversivo. Ma per cosa?

Nel frattempo Nuke era avanzato oltre il salone in fiamme. L’odore della polvere da sparo gli riempiva i polmoni, mandandolo in estasi. Improvvisamente, un fumogeno riempì la stanza, accecandolo momentaneamente. Frank continuò a sparare alla cieca, distruggendo qualsiasi cosa gli stava davanti, ma venne preso alle spalle da Nomad, che con un calcio violentissimo lo privò del suo mitra, e poi lo colpì alla mandibola con un gancio destro.

<E così tu sei quello che ha dato fuori di testa per il siero del supersoldato... credimi, so quello che stai passando. Io ne so qualcosa ... me ne intendo di strizzacervelli, e tu, bello mio, nei hai un disperato bisogno!>

Simpson fece un ghigno sadico, le vene sui suoi muscoli gonfi cominciarono a pulsare ed emettendo un grido animalesco si avventò su Jack, travolgendolo.

 

Nell’ala est della villa intanto, Crimson Commando aveva fatto strage delle guardie della villa e si ritrovava solo. Aveva guidato un assalto a sorpresa, eppure si sentiva come se fosse lui ad essere caduto in una trappola… che li stessero aspettando? Sembrava assurdo, eppure tutto faceva pensare a questo. Sofisticati ingranaggi robotici si misero in funzione; il suo occhio bionico entrò nella modalità ad infrarossi e i sensori audio impiantatigli nelle orecchie si alzarono al massimo. Solo in questo modo riuscì a cogliere la posizione del suo avversario. Con tutta la potenza di fuoco di cui disponeva il suo braccio sparò nella direzione in cui si trovava il Soldato d’inverno, che però, grazie ai suoi allenatissimi riflessi, non solo riuscì ad evitare la raffica, ma mente si spostava rispose al fuoco con una mirata raffica che colpì Bohannan proprio nel braccio meccanico.

In cuor suo Frank ammirò la manovra del suo avversario; s’era piazzato bene:  il posto ideale da dove impartire un colpo letale. Probabilmente, se non fosse stato per le sue migliorie tecnologiche sarebbe morto. Il suo braccio destro era bucato ma funzionante; altrettanto non si poteva dire del mitra che gli avevano installato sopra, reso inutilizzabile dai colpi. Meglio così, pensò. Sarebbe stato più divertente.

Entrambi avevano trovato rifugio dietro a delle colonne di marmo. Era il classico stallo alla messicana: io tengo sotto tiro te e tu me. 

<Chiunque tu sia, sei dannatamente in gamba.> esclamò ad alta voce,  mentre si liberava dell’arma distrutta ed estraeva le pistole dalle fondine <Dico sul serio. Non sei un semplice addetto alla sicurezza…  no, sei troppo abile. Sei dello S.H.I.E.L.D.?>

Bucky non  rispose, non era il tipo di informazione che avrebbe voluto che il suo avversario sapesse: se fai parte di una squadra segreta non lo vai a dire in giro.

<Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua?>

Il Soldato d’Inverno si gettò di colpo oltre la colonna sparando all’impazzata e tuffandosi a terra. Crimson Commando non ebbe altra scelta che stringersi alla colonna che lo riparava. Solo dopo qualche istante provò a sporgersi e si trovò una pistola puntata alla fronte.

<Non muoverti Bohannan… non ho molta voglia di spararti.>

Per la prima volta Crimson Commando poté vedere bene il suo antagonista: ne fissò gli occhi di ghiaccio evidenti anche dalle fessure di una mascherina domino che gli copriva la metà superiore del volto. Ebbe un’inquietante sensazione di familiarità con lui: lo aveva già conosciuto, forse? Ma dove e quando? Sentiva che la risposta risaliva al lontano passato, ma come poteva essere? Quel ragazzo non poteva avere più di 25 anni, a meno che… chi era? Maledizione, chi era?

 

***

 

<Ok, via libera.>  disse Steve, facendo segno agli uomini della scorta di avanzare. Si muovevano fornendo copertura al presidente, ponendolo al centro della loro formazione. L’elicottero era sulla pista che li aspettava. Tutto era andato liscio come l’olio … pure troppo, pensò Steve: in base alla sua lunga esperienza, operazioni di questo genere erano sempre molto complicate… a loro, invece, nulla era andato storto. Davvero i rivoluzionari erano convinti che un assalto frontale alla villa – seppur di quella portata – sarebbe stato sufficiente ad eliminare il presidente? Non si aspettavano una contromisura del genere?

Proprio come a Bucky, la situazione non lo convinceva.

La squadra di bodyguard stava raggiungendo il mezzo, le cui pale iniziavano a mettersi in moto; non appena furono abbastanza vicini però, il pilota uscì dal portellone ed estrasse la pistola dalla fondina. Donna Maria si accorse con un istante di ritardo di essere caduta in trappola.

<È LUI!> gridò improvvisamente, ma i colpi della pistola dell’uomo coprirono la sua voce, uccidendo due delle guardie del corpo e ferendo alla spalla la stessa Maria. I proiettili destinati al presidente Martinez andarono ad infrangersi contro lo scudo energetico di Steve Rogers, intervenuto tempestivamente.

<TU!> gridò l’altro Rogers, vedendo il celebre presunto cugino. Approfittando di quell’istante di esitazione, Steve lo privò dell’arma con calcio al polso.

<Maria! Stai bene?> chiese continuando a tenere gli occhi fissi sul suo avversario.

<S-Si … è solo un colpo di striscio…>

<Porta al sicuro il presidente, svelta! Di lui me ne occupo io!> disse con voce forte e risoluta. Donna Maria fece un segno con la testa, e assieme a Martinez tornò indietro.

I due Rogers rimasero a soli, faccia a faccia, a fissarsi negli occhi.

<No, non puoi essere lui ...> chiese Mike con uno sguardo duro anche se nei suoi occhi c’è un barlume di perplessità < Hai un’incredibile somiglianza con un uomo ... anzi, con due uomini  che conoscevo, ma non puoi essere nessuno di loro,  dato sono entrambi morti . Chi sei?>

<Forse  sono il tuo gemello buono...> rispose Steve, con tono di scherno.

<Bastardo!> urlò Mike sferrandogli un calcio che Steve evitò di misura <Allora, chi sei?  Un altro dei tentativi abortiti del Governo? Ti hanno fatto la plastica facciale, come a quel patetico professore di Storia che hanno scelto al posto mio per sostituire Capitan America ?>

Mentre parlava continuava a sferrare attacchi a Steve che li rintuzzava ed attaccava a sua volta per vedersi parare i suoi colpi.

Erano quasi alla pari. Il suo avversario era davvero in gamba, pensò Steve, più di quanto si capisse dai dossier. Che peccato che avesse scelto di mettersi dalla parte sbagliata.

<Ora ho capito chi sei!> esclamò improvvisamente Mike  <Sei proprio lui: il falso Rogers, quello dei ’50! Non  hanno mai ritrovato il suo corpo, solo quello di Steve. Scommetto che lo S.H.I.E.L.D. ti ha rimesso in sesto e ti ha dato una missione. Sarebbe proprio da Nick Fury, quel bastardo!>

Non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere, pensò Steve con un sorriso amaro, non avrebbe perso tempo a correggere Mike, in fondo gli aveva appena fornito un’ottima storia di copertura per altre situazioni simili.

Gli sferrò un pugno ma nel farlo espose troppo la sua guardia ed il suo avversario ne approfittò per sferrargli un colpo al basso ventre.

Steve si piegò istintivamente e l’altro ne approfittò per raccogliere una delle armi rimaste sul terreno.

<Colpo sleale, lo ammetto.> disse <Ma in guerra quello che conta è vincere, non è vero? Sai, in fondo mi dispiace di sparare ad uno che ha la stessa faccia di mio fratello e di un uomo che ammiravo, ma come ho già detto, è la guerra.>

Puntò la sua arma alla testa di Steve e premette il grilletto...

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

Che dire di questa storia? Che il piccante incontro tra Steve e Donna Maria e lo scontro tra Steve e Mike Rogers valgono da soli il prezzo del biglietto. Come? La storia la state leggendo gratis? Un motivo in più per godersela. -_^

 

Ma intanto, ecco alcune essenziali informazioni su quanto avete letto.

1)    Donna Maria Puentes è un personaggio creato da Jack Kirby su Captain America Vol. 1° #206 dove veniva descritta come la cugina ribelle del dittatore di Rio de Muerte, il classico paese centroamericano inventato, Donna Maria decideva di schierarsi con Capitan America, complice anche una certa tensione erotica tra i due che solo in questa storia trova finalmente sfogo. I suoi trascorsi presso lo S.H.I.E.L.D. sono una nostra iniziativa. Tenetela d’occhio, perché la bella Maria è un personaggio che farà sentire la propria presenza in queste pagine, nei prossimi numeri.

 

2)    Per i patiti della continuity, questa storia si svolge dopo gli eventi di Capitan America #51/53 in cui Sharon Carter e Yelena Belova sono rimaste coinvolte.

 

3)    Per chi se lo chiedesse, la missione del Soldato d’Inverno nel 1966, che coinvolge un certo agente segreto britannico non sarà senza conseguenze nel presente.

Nel prossimo episodio: vi siete accorti che mancano all’appello le due donne del gruppo di Mike Rogers? Chissà che stanno combinando? In più: il ritorno dell’Agente 13 e della Vedova Nera e molto altro.

 

 

Carlo & Carmelo



[1] Dieci volte la velocità del suono (320 metri al secondo) , pari. Quindi a 3200 metri al secondo o 11500 km all’ora

[2] Come narrato in Capitan America #53.

[3] Su La Guerra dei Mondi MIT #2.

[4] Vedi Capitan America & U.S.Agent 2002 MIT.

[5] Il Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, ovviamente.

[6] La Seconda Guerra Mondiale.

[7] SMERt' SHpionam. Morte alle Spie, branca dei servizi segreti sovietici incaricata di giustiziare traditori e spie stranieri, definitivamente assorbita dal KGB dopo il 1956-